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Interdizione Inabilitazione Amministrazione di Sostegno nella riforma Cartabia - La Tribuna

Articolo pubblicato sulla rivista L'attuazione della riforma del processo delle famiglie, dei minorenni e delle persone - La Tribuna


La progressiva degiurisdizionalizzazione dei rapporti familiari, oltre ad essere segno dei tempi e delle sensibilità che cambiano, è purtroppo condizionata, nel caso che ci occupa, dal generale bisogno di deflazionare il contenzioso giudiziale, appesantito nei tempi e nelle procedure.

Ciò non deve e non può significare, per ciascuno di noi che la fragilità non sia parte integrante della nostra umanità e, che direttamente o indirettamente riguardi tutti noi.

Solo una visione globale che abbracci i diritti, doveri e responsabilità, dal testamento biologico all'adozione e all'affido, dalla riparazione del danno esistenziale alla fine di un istituto come l'interdizione, ancora in vigore, nonostante la riforma e le voci pervenute da più parti socio istituzionali, alla cura di tante forme di disagio potrebbe offrire, davvero, alla nostra società la possibilità di una trasformazione profondamente benefica. Dovremmo ricordare che non esistono soggetti deboli, ma solo persone indebolite.

E’ un dato che la condizione umana - si tratti di donne, uomini, di bambini - appare sempre più costellata di passaggi 'dinamico-relazionali' e di momenti 'statico-solitari': neo-posizioni da ridefinire su ambedue i versanti, non con una visione di tipo paternalistico.

Necessaria una raccolta 'promozionale', tale da esaltare la freschezza partecipativa, la fertilità individuale dei più deboli. In gioco c’è la 'qualità di vita' di 'ciascuno di loro', di 'ognuno di noi': casa, lavoro, affetti, reddito, territorio, pensione, salute, assistenza, scuola, cultura, servizi, legami sociali, ambiente, tempo libero. (Paolo Cendon, Persona e danno)

L’aver conservato alla sez. III del decreto attuativo della riforma “I procedimenti di interdizione, inabilitazione e di nomina di amministrazione di sostegno”, rileva un arretramento rispetto alle istanze di abolizione dei primi due istituti, non solo in considerazione di un modello considerato da più parti superato e, non in linea con la normativa di altri paesi europei, ma in sostanza confermativo del c.d. "taglio espropriativo dell'interdizione: un regime che comporta la morte civile della persona, che tradisce valenze cripto-punitive, che dà luogo a un eccesso di impedimenti anche di natura non patrimoniale"; mancanza di valore terapeutico: inidoneità a prestarsi a un progetto personalizzato di risocializzazione per il disabile; enfasi solo economicistica, impostazione di favore nei riguardi dei familiari o dei terzi. (proposta di legge n.1985-n.191, 2015). Si evidenzia, in tal modo, la mancanza di valore terapeutico. Inidoneità a prestarsi a un progetto personalizzato di risocializzazione per il disabile.

Numerose le proposte di legge disattese che promuovevano anche un cambiamento lessicale, ovvero dall’”incapacità di agire” alla “inadeguatezza gestionale”.

In questa prospettiva le medesime proposte di legge di introdurre un istituto di tipo nuovo, denominato “patrimonio con vincolo di destinazione a favore della persona fragile”, preordinato a favorire la sicurezza e l’autosufficienza economica della persona con disabilità, prendendo il posto della sostituzione fedecommissaria (art.692 c.c.-697c.c.) ormai desueta.

Anche una tale abrogazione sarebbe stata non più rinviabile per un ordinamento che voglia dirsi realmente sensibile ai diritti fondamentali dell’individuo- primi fra tutti- la dignità personale e il diritto al sostegno.


Di seguito il PDF dell'articolo completo:



Avv. Cecilia Gargiulo

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